di Pierluigi Manieri
Esponente di spicco dell’ultima generazione italiana della Pop-Art, Mauro Bellucci con “Gymnasium”, prosegue nella sua ricerca tesa alla rilettura di certi ambiti dell’ esperienza umana che riclassifica secondo codici reinterpretativi fortemente orientati ad una contrapposizione ipertestuale e simbolica, ed insieme finalizzati alla rielaborazione dello stesso tessuto connettivo rispetto al contemporaneo e immaginario collettivo.
Medium di questa contrapposizione fisica e simbolica, è il gesto atletico protagonista delle 20 opere (19 tele e un obelisco) in esposizione.
Hanno il volto celato dietro maschere e caschi, i moderni gladiatori di Mauro Bellucci. Identità private, negate all’esterno; preservate dall'”Io” sportivo e pubblicoche emerge dalla stoccata e dall’affondo, come dal tiro e dal placcaggio. E’ nella rappresentazione dell’esaltazione del gesto tecnico che si concentra la ricerca dell’artista:in un campo neutro, di volta in volta completamente bianco o all’opposto, nero, i suoi atleti si sottraggono alla tela per prodursi in frammenti di azione.
Le opere di Bellucci sia, nel senso fotografico del termine, come pure nella matrice che contrassegna la personale visione fenomenologica, da cui trae origine una cifra stilistica che insegue la linea, così come lo schermidore ed il giocatore di Foot Ball Americano inseguono traiettorie inusitate e glaciali.Se concettualmente, il Bellucci prosegue nella contrapposizione-gioco di specchi, tra Sacro e Profano, rimandando all’essenza dell’atto ginnico e di contro, alla più pura spettacolarizzazione dello sport; sul piano formale il tratto risulta quasi liquido, ed insieme plastico e dinamico. Una pennellata secca e fluida(come un fendente di sciabola), che ne definisce l’attualita dello stile.Uno stile che pure non potrebbe essere più classico nelle proporzioni e nella plasticità dei corpi, cristallizzati in sospensione e restutiti dunque alla loro dimensione eroica.
cci sono dunque istantanee.